Libri: da Brescello Giovanni Frijio Il coraggio di vivere nella legalità.

Giovanni Frijio è nato a Cutro nel 1951. Giovanissimo emigra in Germania, ove ha svolto attività lavorativa ma soprattutto politico-culturale e sociale, ricoprendo la carica di segretario organizzativo del PCI nella locale federazione di Stoccarda. È stato tra i fondatori dell’associazione “Alcide Cervi” di Stoccarda e di cui è stato eletto presidente dall’assemblea costituente presenziata da Giuliano Pajetta

Si chiama Il Coraggio di vivere nella legalità il romanzo di Giovanni Frijio, origini cutresi e residente a Brescello, con una solida storia di emigrazione e partecipazione politica. Un romanzo (edito da Book Sprint Edizioni) rivolto soprattutto ai giovani, ad indicare che c’è sempre una via, una strada per farcela senz ricorrere a sotterfugi, restando per l’appunto nella legalità. Una sorta di autobiografia che acquista valore al di là della mera narrazione della parabola esistenziale del protagonista.

IL ROMANZO – La narrazione di questo libro appartiene alla storia di milioni di cittadini costretti ad emigrare, sono pagine di storia reale, di politica, di riscatto sociale. Il romanzo è una testimonianza di vita vissuta che, per le tematiche affrontate, esula dal definirla una mera autobiografia, ha una valenza storico-politico non indifferente. Il “coraggio di vivere nella legalità” è una consapevole scelta di vita e sintetizza la parabola esistenziale e storica del personaggio Giovanni Ferro sin dall’infanzia per approdare all’età della maturità. Viene messa in rilievo, mediante il personaggio, quella che è stata l’emigrazione italiana in Germania, e nello specifico calabrese, dagli anni sessanta e fino agli anni novanta.

In secondo luogo, scandire le fasi della biografia del personaggio con le fasi storiche vissute nella seconda metà del novecento: lotta dei braccianti per la redistribuzione delle terre e l’estinzione del latifondo, difficoltà di costruzione d’una vita civile e all’insegna della legalità in un contesto condizionato da forme di subcultura mafiosa, difficoltà di inserimento in un paese straniero di una generazione sradicata dal proprio contesto d’origine, la presa di coscienza della lotta politica e le vicende del PCI in Germania in stretta relazione con gli avvenimenti della politica nazionale ed europea, le forme di associazionismo rappresentativo degli emigranti e le battaglie per l’integrazione e la conquista dei diritti di cittadinanza.

In terzo luogo viene messo in luce il percorso di ritorno del protagonista nella propria terra e l’assunzione consapevole di una nuova fase dell’esistenza e dell’impegno politico. Vita d’un Germanese indica quindi un essere quasi spurio d’una propria identità esistenziale, perché si tratta appunto di una vita sradicata dal suo contesto d’origine ma che non ha la cittadinanza tedesca, e per quanto si sforzi Giovanni Ferro, in Germania dovrà fare i conti col razzismo, le prevaricazioni, la discriminazione e il pregiudizio, sia perché italiano, che comunista.

I germanesi” sono stati definiti così dai loro stessi compaesani, perché andavano alla Germania, come un tempo, ossia ai primi del novecento, coloro che emigravano nelle Americhe, venivano definiti in dialetto calabrese “i mericani”. Germanesi quindi sono quelli che hanno un’identità esistenziale e storica di migranti e riconosciuti ormai come esseri umani connotati da una loro singolarità, da una loro diversità rispetto sia alla comunità di origine che a quella di nuovo approdo.

Un romanzo che attraverso la storia del protagonista, mette in evidenza tutte le problematiche inerenti al fenomeno migratorio. Spopolamento del sud nonostante il miracolo economico, occasioni mancate soprattutto in funzione di un ruolo della Calabria nell’area Euro – Mediterranea, emigrazione forzata, discriminazioni, mafie, diritti di cittadinanza ed integrazione. I calabresi non hanno mai confuso l’integrazione con l’assimilazione, convinti che ci si possa integrare in una realtà ( altro stato o regione) diversa da quella di origine, senza per questo dover rinunciare alle radici di origine.

Concetto di antica filosofia: gli uomini a differenza degli alberi, le radici le hanno in testa, sono rappresentate dalla memoria, sono radici mobili che ogni migrante si porta dietro, questo non gli impedisce di integrarsi in un’altra realtà sociale. Una vicenda che quindi richiama un tipo sociale, l’emigrante calabrese della seconda metà del novecento, ma che richiama anche momenti importanti della storia di Calabria, nazionale ed europea.

Una storia importante quella del protagonista Giovanni Ferro che si situa in un preciso contesto di idealità e lotta politica. Per oltre 40 anni aveva creduto in un progetto di idealità, alla fine diventa un critico dell’intera sinistra, ritenendola incapace di rinnovare il suo ruolo storico, in quei 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, in cui si verificava il passaggio dalla “società di libero mercato” alla “società di mercato”.

Questo lavoro altresì, è importante perché rende giustizia all’emigrazione calabrese, che non è stata per come qualcuno crede un fenomeno sociale passivo, bensì attivo, e il protagonista del romanzo lo esprime a pieno. Si valorizza a pieno il fattore umano e sociale del personaggio che altro non è che il fattore umano e sociale della terra di Calabria. Il protagonista dopo l’emigrazione in Germania, si trova a vivere una emigrazione di ritorno in una realtà del nord Italia, dove vivono e lavorano milioni di cittadini del sud. Fenomeno contraddittorio ma ormai strutturale e consolidato, dove milioni di cittadini meridionali sono diventati parte integrante della vita economica delle regioni del nord, contribuendo al loro arricchimento.

Una realtà dove si è passati da una generale sottovalutazione del fenomeno mafioso ad una indistinta stigmatizzazione e colpevolizzazione di cittadini in base al territorio di provenienza, sconfinando in conflitti sociali già impregnati storicamente di discriminazioni. Infatti anche il protagonista della storia subisce le conseguenze, deve fare un passo indietro a posti di responsabilità di partito e sindacato, solo per avere un parente implicato in fatti di mafia. si vede ridurre di nuovo la sfera dei diritti di cittadinanza, come quando era emigrato: avere i diritti sulla carta e non poter esercitarli.

Il protagonista condanna fortemente le mafie e l’illegalità, ma ritiene necessario fare le giuste distinzioni fra atti criminali, reati di mafia e le dinamiche sociali che ne derivano. Combattere la mafia isolandola dai cittadini per bene che sono i primi a subire discredito per le malefatte dei mafiosi. Ha sempre combattuto le discriminazioni e non accetta che gente per bene venga confusa con i mafiosi, solo per il fatto di avere dei parenti implicati, che criminali vengano promossi a collaboratori di giustizia solo per aver dichiarato di essersi pentiti, mentre allo stesso tempo vengono discriminati persone che non hanno nulla di cui pentirsi. In tutto questo non vede relazione logica.

Questo lavoro è da definire da un punto di vista del genere letterario un romanzo-saggio, perché s’è vero che contiene la narrazione della vita d’un germanese è, altresì, da considerare che comprende anche una ricostruzione dei modelli sociali di vita in Calabria e in Germania. Come contiene anche momenti politici pregnanti della sinistra e della lotta politico-ideologica nonché una messa a fuoco dei problemi derivanti dal fenomeno mafioso. Un affresco storico-esistenziale e sociale complesso, ma ricco di notevoli spunti di riflessione.

Sperando di essere stato esaustivo nell’illustrare, seppure in maniera sommaria, l’introduzione al romanzo – spiega l’autore – penso che effettivamente questo lavoro sia importante come risposta all’attuale momento difficile che sta attraversando la Calabria e per aprire un dibattito sulle questioni tuttora aperte, come ad esempio la questione meridionale non risolvibile con l’autonomia differenziata che è incompatibile con il principio costituzionale della repubblica.

 Non sono accettabili ulteriori divisioni e frammentazioni che alimentano ulteriori tensioni, generate da egoismi localistici che non hanno aiutato in passato uno sviluppo ordinato sul territorio nazionale, e dalla competizione di mercato territoriale che non aiutano il sistema Italia e il rapporto tra l’Italia e l’Unione Europea. Il libro si prefigge inoltre , lo scopo di promuovere l’immagine della Calabria; ferma condanna della mafia, ma difesa della dignità della stragrande maggioranza dei lavoratori calabresi onesti”.

Il protagonista ha sempre sostenuto di essere cittadino del mondo e mentre guarda al mondo intero come patria, rinnova l’amore per la propria terra che non si è fermato a nessuna frontiera. Capisce che l’uomo è solo anche nella sua terra, quando nessuno conosce la sua storia. Ma qualcuno quella storia la vuole raccontare.

L’AUTORE – Giovanni Frijio è nato a Cutro nel 1951. Giovanissimo emigra in Germania, ove ha svolto attività lavorativa ma soprattutto politico-culturale e sociale, ricoprendo la carica di segretario organizzativo del PCI nella locale federazione di Stoccarda. È stato tra i fondatori dell’associazione “Alcide Cervi” di Stoccarda e di cui è stato eletto presidente dall’assemblea costituente presenziata da Giuliano Pajetta. La sua operosità sociale e culturale lo ha portato inoltre a fondare l’ARCES di Weinstadt e il “Circolo Calabria” del Rems-Murr, due associazioni molto attive in Germania. Per quindici anni è stato presidente del consiglio comunale degli stranieri di Weinstadt. Ha fatto parte per alcuni anni di organismi di emanazione consolare come “Coemit” e “Coascit”, organismi che si occupano dei problemi scolastici e di lingua e cultura italiana per i figli degli italiani in Germania, così come della Filef e della Consulta della Regione Calabria per l’emigrazione. A tutt’oggi continua a impegnarsi e nel 2008 ha pubblicato “I primi veri cittadini europei”, Laruffa Editore. A testimonianza del suo lodevole impegno v’è il fatto che con decreto del 22 Novembre del 2010 il presidente della repubblica Giorgio Napolitano gli conferisce l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana”.

Wm-f.lotito